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I SETTE VELI
DI ISIDE LA NERA


di Selene Ballerini





Io la madre della natura,
la signora di tutti gli elementi,
l’origine e il principio di tutte le età,
la più grande di tutte le divinità,
la regina dei morti,
la prima dei celesti...

     

Le valenze occulte della Dea-Madre dell'antico Egitto
Punteremo la nostra attenzione nel tentativo di togliere i 7 successivi veli - un numero simbolico - che hanno ricoperto con il tempo l’identità originaria di Iside e carpirne così l’essenza più intima e radicale.

È ormai ipotesi accreditata che nel 2.450 a.C., quando cioè la Grande Piramide sarebbe stata costruita (anche se a parere di qualcuno esisteva già), i due condotti sud dell’edificio - quelli che partono dalla Camera del Re e dalla Camera della Regina - puntassero rispettivamente verso la costellazione di Orione e la stella Sirio, che erano identificate nell’antico Egitto con Osiride e Iside.
Se così fosse, la colossale costruzione veniva forse percepita dallo spirito egizio come un luogo di unione e fecondità, dove la vita del Nilo - le cui acque, s’ipotizza, furon fatte confluire proprio lì - si rinnovava tramite un processo di rigenerazione simbolica di Osiride (nel suo aspetto di Dio morente e risorto) a contatto con la Dea. E proprio su uno dei poli di questo scenario mitico, Iside, punteremo qui la nostra attenzione, nel tentativo di togliere i 7 successivi veli (un numero simbolico, ovviamente) che ne hanno ricoperto con il tempo l’identità originaria - facendone una Dea stratificata e multiforme - e carpirne, così, l’essenza più intima e radicale.


Il primo velo che toglieremo a Iside è appunto quello della sua versatile adattabilità, che l’ha resa plasmabile in differenti contesti religiosi, misterici e sapienziali. E per farlo partiremo dalla celeberrima descrizione che nell’XI Libro dell’"Asino d’oro" ne ha data Lucio Apuleio.


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PRIMO VELO
LA DEA UNIVERSALE

"Avevo appena chiuso gli occhi, quand’ecco che sulla superficie del mare apparve una divina immagine, un volto degno d’essere venerato dagli stessi dei. Poi la luminosa parvenza sorse a poco a poco con tutto il corpo fuori dalle acque e a me parve di vederla, ferma, dinanzi a me.
Mi proverò a descrivervi il suo aspetto mirabile [...] Anzitutto i capelli, folti e lunghi, appena ondulati, che mollemente le cascavano sul collo divino. Una corona di fiori variopinti le cingeva in alto la testa e proprio in mezzo alla fronte un disco piatto, a guisa di specchio ma che rappresentava la luna, mandava candidi barbagli di luce. Ai lati, a destra e a sinistra, lo stringevano le spire irte e guizzanti di serpenti e, in alto, era sormontato da spighe di grano. Indossava una tunica di bisso leggero dal color cangiante [...] ma [...] soprattutto confondeva il mio sguardo [...] la sopravveste nerissima, dai cupi
riflessi, che - girandole intorno alla vita - le risaliva su per il fianco destro fino alla spalla sinistra e di qui stretta da

un nodo le ricadeva sul davanti in un ampio drappeggio ondeggiante [...] Quei lembi e tutto il tessuto erano disseminati di stelle scintillanti e in mezzo a esse una luna piena diffondeva la sua vivida luce: lungo tutta la balza di questo magnifico manto, per quanto esso era ampio, correva un’ininterrotta ghirlanda di fiori e di frutti d’ogni specie.
Gli attributi della dea erano poi i più diversi. Nella destra recava, infatti, un sistro di bronzo [...] Dalla mano sinistra, invece, pendeva un vasello d’oro a forma di barca dal manico ornato da un’aspide con la testa ritta e il collo rigonfio. Ai suoi piedi divini calzava sandali intessuti con foglie di palma, il simbolo della vittoria.
Tale e così maestosa [...] si degnò di parlarmi la dea.
Eccomi o Lucio, [...] io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l’origine e il principio di tutte le età, la più grande di tutte le divinità, la regina dei morti, la prima dei celesti, colei che in sé riassume l’immagine di tutti gli dei e di tutte le dee, che con il suo cenno governa le altezze luminose del cielo, i salubri venti del mare, i desolati silenzi dell’oltretomba e la cui potenza, unica, tutto il mondo onora sotto varie forme, con diversi riti e differenti nomi. Per questo i Frigi [...] mi chiamano Pessinunzia (1) Madre degli dei, gli autoctoni attici Minerva Cecropia (2), i Ciprioti circondati dal mare Venere Pafia (3), i Cretesi arcieri famosi Diana Dittinna (4), i Siculi trilingui Proserpina Stigia (5), gli antichi abitatori di Eleusi Cerere Attica (6), altri Giunone, altri Bellona (7), altri Ecate, altri ancora Ramnusia, ma [gli] Etiopi [...] e gli Egizi, così grandi per la loro antica sapienza [...], mi chiamano con il mio vero nome: Iside Regina (8)."


Siamo nel II secolo d.C., in piena epoca alessandrina e la Dea egizia ha ormai acquisito quei tratti universalistici che permetteranno al suo culto di sopravvivere ancora a lungo sotto le più svariate maschere.
Lo stesso Apuleio era iniziato ai Misteri di Iside, una forma cultuale ellenizzata che s’ispirava ai poteri rivitalizzanti della Dea. Lo scrittore propone Iside come fonte originaria e prototipo di tutte le Dee, quasi che nella "Regina" egizia si concentrasse ogni possibile aspetto della Femminilità, quello oscuro di morte e guerra al pari di quelli luminosi dell’amore, della maternità, della magia, della virtù terapeutica.

In particolare Iside fu sovrapposta in una quasi assoluta identità di alcuni episodi mitici (non abbiamo agio di ripercorrerli ma chiunque può procedere a rapidi confronti su un qualsiasi testo divulgativo) con la greca Demetra, Dea del grano, tema su cui peraltro avremo modo di tornare e già accennato nella connotazione iconografica fornita da Apuleio, dove appunto la Iside-"Cerere Attica" è raffigurata con le spighe di grano che sormontano il disco lunare. Inoltre Iside era chiamata "la Nera" (9) proprio come Demetra (nel mondo antico era il colore della fertilità) e tale caratteristica sarà forse il principale veicolo del proliferare di Madonne Nere in Europa, tutte - non a caso - dotate di virtù curative.

Dea-Uccello (le sono sacri l’avvoltoio, l’anatra, la rondine) e Dea-Serpente come la Grande Madre della preistoria europea, Dea-Vacca in quanto Signora della Luna e sposa di Osiride-Toro, e ancora Dea del mare e della navigazione (funzione poi ereditata in epoca cristiana da Maria), Iside è stata, e per molti versi è ancora, un personaggio di forte rilievo in ambiti magici e alchemici: basti pensare - ma è solo un esempio - ai documenti ermetici dei primi secoli d.C., come "Kore Kosmou", "Fanciulla del Cosmo", o l’alchemico "Iside la profetessa a suo figlio Horo", nei quali viene effigiata quale detentrice di Sapienza.

Il culto di Iside ebbe straordinaria diffusione nel mondo ellenistico-romano e ancora il suo mito fu recuperato nel Rinascimento, che la sovrappose anche alla Dea Fortuna.
Ritroviamo Iside perfino nel secolo dei lumi, quando certi studiosi francesi, e poi Napoleone con loro, dettero credito alla leggenda che voleva la Dea fondatrice di Parigi: argomento per una lettura approfondita del quale rimandiamo al celebre saggio "La ricerca di Iside" di Jurgis Baltrusaitis, dove sono appunto analizzati i molteplici modi con cui l’Egitto ha continuato ad affascinare per secoli l’Occidente, talora sotto forma di una vera egittomania.

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SECONDO VELO
LA DEA MADRE

Un ulteriore filone di persistenza dell’immaginario religioso di Iside nella cultura europea è quello - a cui si è già fatto cenno - del sovrapporsi di elementi cultuali mariani su precedenti peculiarità isidiane.
E non solo per quanto riguarda la tradizione delle Madonne Nere, bensì soprattutto per l’immagine egizia di Iside che seduta in trono allatta il Figlio Horus, sorta di prefigurazione iconografica della Vergine con Gesù. Inoltre le ali tese con cui Iside copre e protegge Osiride e i defunti sembrano un modello dei grandi manti con cui molte Madonne coprono e proteggono i santi e i fedeli.
TERZO VELO
LA DEA LUNA

Il terzo velo è costituito dall’aspetto che più di ogni altro ha permesso a Iside di coincidere con varie altre Dee e che abbiamo rilevato anche nel ritratto apuleiano: il suo legame con la Luna. Legame che tuttavia assume connotati diversi da quelli cui siamo abituati se si pensa che nelle concezioni egizie la Luna era attinente non soltanto a Iside ma anche al suo sposo e fratello Osiride (10), il cui rapporto con la nostra Dea, articolato e complesso, sarà appunto il quarto e quinto velo che adesso solleveremo.
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QUARTO VELO E QUINTO VELO
LA DEA SPOSA, CELESTE E TERRESTRE (11)

Ecco, io tua sorella ti amo più di tutto quanto in terra e tu non ami un’altra come ami tua sorella, certo non ami un’altra come ami tua sorella! [...]
Procede da te il forte Orione nel cielo vespertino, quando i giorni vanno a riposo uno dopo l’altro! Ché sono io - all’approssimarsi del periodo di Sothis - che veglio su di lui.


Questi frammenti tratti da un antico papiro conservato a Berlino (12) in cui Iside si rivolge allo sposo, e che confermano l’identificazione di queste due Divinità con Sirio ("Sothis" in egizio) e Orione, mostrano l’intensità dell’amore che secondo il mito li legava.
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La leggenda - riportata anche da Plutarco (47-127 d.C.) - narra che Osiride fu prima ucciso e in seguito smembrato in 14 pezzi dal fratello Seth (13), che li gettò nei sette bracci del Nilo.
Iside andò alla ricerca dei pezzi per ricomporre il corpo dell’amato, ma ne trovò solo 13, perché il fallo era stato ingoiato dai pesci (14).
Horus, il figlio di Osiride e Iside, vendicherà la morte del padre, che dal canto suo diventerà sovrano dell’oltretomba (o Duat), acquisendo peculiarità inferiche. D’ora in poi il Faraone identificherà se stesso con Horus finché sarà in vita e con Osiride una volta che avrà varcato la soglia dell’aldilà, trasformandosi in stella di Orione (15).

L’episodio dello smembramento collega Osiride a Dioniso, il Dio greco che secondo il mito fu appunto fatto a pezzi dai Titani, gli oscuri Figli di Madre Terra, e il cui animale sacro era parimenti il Toro, le cui corna segnalano la natura lunare di ambedue i personaggi.
E qui occorre una digressione mitologica per comprendere l’intensa pregnanza e i significati di un topos delle religioni euroasiatiche: quello del "Dio morente", che risalirebbe addirittura alla preistoria.
Iniziamo la nostra deviazione proprio da Dioniso, alter ego di Osiride in terra greca insieme a Ade, Dio degli Inferi.
Firmico Materno e Clemente d’Alessandria sono i primi a riferire il mito della sua morte. Secondo il loro racconto i Titani avrebbero fatto a pezzi il Dio ancora bambino, per poi cuocerne le membra e mangiarle. Ma Minerva riuscì a sottrarre il cuore e denunciò il crimine al padre Zeus, che diede la morte ai colpevoli.
Della sua rinascita né Firmico né Clemente parlano e non ne parlerà il cristiano Arnobio, per non accomunare un Dio pagano al Cristo nel miracolo della vittoria sulla morte. Ma quando fra IV e V secolo d.C. rifiorirono le correnti orfiche il mito di Dioniso si consolidò proprio sulla resurrezione, il fulcro più attivo nelle aspirazioni soteriologiche dei Misteri orfici.
Evidenti le corrispondenze con gli antichi culti orientali che in periodo ellenistico affluirono nell’impero di Roma. Tali culti, le cui radici erano probabilmente mesopotamiche, avevano come tema comune proprio il rito di morte e resurrezione di un Dio, motivo sia naturistico - l’alternarsi delle stagioni - sia sviluppato successivamente in senso animistico o spirituale, come esemplificazione del percorso dell’anima immortale.

Forse il più diffuso in tarda epoca ellenistica è il culto di Cibele e Attis, importato a Roma nel 204 a.C. Attis, Dio della vegetazione, moriva e risorgeva e all’equinozio di primavera la sua vicenda veniva commemorata da una festa scandita in vari momenti: lutto, processione funebre, sepoltura e resurrezione.

Dalla Siria proveniva il culto di Adone, adorato, come Dioniso, soprattutto dalle donne. La sua amante era Astarte - Dea della bellezza e dell’amore - e come Attis anche Adone muore, risorge, viene pianto e infine festeggiato in riti primaverili.

La vicenda di Cristo è analoga ai mitologemi degli Dei asiatici. Infatti Gesù, come Dioniso, nasce da una mortale e dona al la madre l’immortalità.
Compaiono inoltre in ambedue i miti il vino, la grotta con un asino, la culla, la persecuzione. E sia Cristo sia il Dioniso misterico assumono la figura di Salvatore e soffrono una Passione in quattro momenti, pur se disposti in differente ordine cronologico): uccisione, spezzettamento delle membra, cannibalismo e resurrezione.
Vicende, periodi dell’anno implicati e molteplici altri indizi rivelano il risvolto naturalistico racchiuso in questi miti, che fa di Osiride - come di Attis, di Adone e degli altri Dei citati - una Divinità connessa alla natura e in particolare alle fasi lunari.

Del resto il mito egizio ce lo testimonia con palese evidenza: il corpo di Osiride viene diviso in 14 parti (numero dei giorni di un emiciclo lunare: il ciclo dura infatti 28 giorni), che sono gettati in 7 bracci del Nilo (numero ritmico delle fasi) e infine recuperati tutti fuorché uno (e il 13 è il numero di volte in cui nel corso di un anno la Luna effettua il suo giro completo).

Osiride rappresentava dunque tutto ciò che è fasico: Luna, stagioni, vegetazione, messi... e in Egitto ovviamente il sacro Nilo (16), la più potente esemplificazione della ciclicità, dato che ogni anno per nutrire la terra con il suo prezioso limo il fiume esondava così puntualmente che l’evento fu usato come momento d’avvio per il calendario.
Ecco perché Apis, Dio-Toro con cui il fiume era identificato, fu assimilato con il tempo a Osiride, del quale condivideva appunto l’attitudine ai corsi e ricorsi che scandiscono i ritmi dell’esistenza.
In origine invece Osiride più che il fiume ne rappresentava l’esondazione, quindi il principio di fertilità, quasi che il limo simboleggiasse il suo sperma divino.

Va pure detto che in siffatto scenario mitologico Iside recitava la parte della terra fecondata, quella che si adagiava intorno al fiume, mentre i suoi fratelli Seth il "Rosso" e Neftys, altra Coppia del pantheon egizio, alludevano Lui all’aridità solare del deserto - la "terra rossa" - e Lei ai terreni lontani dal Nilo e dunque quasi mai raggiunti dalle acque esondate.
Si narra in effetti che Neftys ottenne la sua unica gravidanza dopo un amplesso con il fratello equoreo Osiride, dal momento che Seth era sterile (17).

Ma se Osiride è l’esondazione, Iside che ne ricompone il corpo risulta essere, oltre che terra fecondata, anche la Natura che organizza e determina, nella funzione di potenza primeva, il ciclo stagionale.
Occorre inoltre ricordare che il primo giorno dell’anno era determinato in Egitto dal coincidere della levata eliaca di Sirio (quella cioè che precede immediatamente l’alba) (18) e della piena del Nilo. E poiché il fiume/Osiride era visualizzato zoomorficamente come un toro e Sirio/Iside in forma di vacca (19) la loro contemporaneità sottintendeva anche un’unione sessuale, che in quanto tale era propiziatoria, tanto feconda quanto fecondante (20).

Un’altra spia dell’iperfunzione di Iside quale regolatrice della Natura ce l’offre l’episodio mitico in cui la Dea invece di uccidere Seth, catturato da Horus per vendicare Osiride, libera questo suo fratello rosso, incarnazione sia del principio di secchezza e aridità sia delle acque salate, e quindi non potabili, del mare (21).
Il magnanimo gesto è interpretato da Plutarco - nel suo "Iside e Osiride" - come una decisione saggia della nostra Dea, che in tal modo, Signora di Ordine e Misura, "non volle annullare completamente il principio opposto all’umidità, ma intese unicamente ridurlo e poi lasciarlo di nuovo libero per mantenere la composizione dell’atmosfera", poiché "il cosmo non può essere perfetto se viene a mancare in esso l’elemento igneo (22)".

Plutarco ci segnala anche che le vesti rituali dei culti isiaci erano "di color variegato: il suo ambito, infatti, è quello della materia, la quale si evolve in tutte le forme e a tutte le forme si presta, luce e oscurità, giorno e notte, fuoco e acqua, vita e morte, principio e vita (23)".
Iside, c’informa ancora lo studioso e sacerdote greco (che scriveva tra il I e il II secolo d.C., quindi in epoca tarda), personifica l’essenza della materia che porta in sé i semi di vita (24), la "casa cosmica" delle concezioni (25), il principio generativo che dissemina elementi germinali in ogni parte del mondo (26).

E questo c’introduce al sesto, decisivo velo che dobbiamo alzare e che imprevedibilmente ci riporterà a Sirio...

SESTO VELO
LA DEA FERMENTO

Continuando a dissertare con Plutarco merita rilevare come a suo parere gli egizi ritenessero la natura di Iside un "movimento animato e intelligente" (27), concetto a cui alluderebbe anche il suo strumento musicale: il sistro (28).
Il termine "seistron" - spiega infatti l’erudito - deriva da "seiesthai", "scuotere", e significa che gli esseri viventi devono essere scossi e non possono mai smettere di muoversi, e se si trovano a essere [...] addormentati e intorpiditi bisogna svegliarli e incitarli (29). Un’espressione dove par risuonare quel frammento in cui il filosofo Eraclito parlando della bevanda sacra alla Dea Demetra (che abbiamo visto fu identificata con Iside) scrisse: "kai o kiukeòv diìstatai mè kinoùmenos", ossia: "anche il ciceone si disfa se non viene agitato" (30).
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Il riferimento a Demetra è particolarmente significativo perché anche Iside fra le sue tante forme assunse quella di "campo di grano", quella cioè della matrice in cui il grano nasce e si sviluppa. E il grano, come tutti i vegetali, specie da coltura, altro non è che la trasposizione naturistica del mitologema del Dio morente, che appunto si sprofonda nelle regioni ctonie durante ogni inverno per poi rinascere a ogni primavera.

Sul tema, e proprio in base ai motivi che c’interessano, la mitoarcheologa Marija Gimbutas offre uno spunto illuminante nel suo pregevole saggio "Il linguaggio della Dea", dove scrive: "Il dio morente ha discendenti, nell’antica Grecia e nelle credenze popolari europee, nel dio del lino, o del grano, nato dalla terra sotto forma di lino, o grano, e che troviamo torturato, morente e risorto fuori dalla terra". E fa l’esempio di un vaso di steatite nera del XIV secolo a.C. in cui è ritratta "una danza di mietitori che "portano spighe di grano agitando i sistri" (31).
Legame forte e antico, dunque, quello fra campo di grano fecondato e sistro, un oggetto la cui precipua funzione sarebbe perciò di risvegliare, incitare, stanare le energie vitali assopite nel ventre di Madre Terra e condurle a resurrezione.

E giunge allora a proposito un’altra interessante citazione, tratta stavolta dalla monumentale indagine antropologica di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend "Il mulino di Amleto", laddove i due storici della scienza ricordano che Istar - corrispondente assiro-babilonese di Iside - era la Dea che "sommuoveva" l’Apsu (le "acque dolci" primeve) davanti a Ea, il Dio dell’acqua.
Nell’"Avesta" (32) - continuano i due ricercatori - si dice che Sirio "fa sì che il lago ribolla [...] che fermenti [...] che rifluisca", mentre il romano Plinio assicura che "il mare intero è consapevole del sorgere di questa stella, come si vede nei Dardanelli, ove appunto le alghe e i pesci vengono a galla e ogni cosa vien portata su dal fondo".
E Plinio aggiunge che quando Sirio sorge "il vino nelle cantine si agita e le acque stagnanti si muovono" (33), tutti fenomeni che peraltro il mondo antico associava alla sfera femminile, con forte riferimento alla Luna, alle sue fasi e all’energia perturbante del sangue mestruale.

In breve tutte queste considerazioni inquadrano Iside secondo la radicale prospettiva di una Forza dinamica e scardinante che non soltanto genera l’universo ma lo fa anche fermentare, in un processo ininterrotto di nascita-morte-rinascita affinché non degeneri mai nel ristagno.

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SETTIMO VELO
LA DEA TRONO

Se queste successive testimonianze mitiche - la cui valenza antropologica nell’immaginario sacrale è incontestabile - ci mostrano Iside come Signora dell’"Ank", Chiave della Vita, e dei meccanismi rigenerativi che sottendono alla sua perpetuazione, non dovrebbe far meraviglia che i sapienti egizi la indicassero con il geroglifico che effigia il simbolo del potere sacro: il "Trono", posto anche sulla sfera tra le corna della Dea e con il quale Iside s’identificava tout court.

Un’immagine che nasconderebbe, quindi, un grande segreto: il Faraone, quale sintesi microcosmica del macrocosmo Egitto, acquisirebbe la sua Energia, la sua Saggezza, la sua Salute fisica e interiore ma soprattutto il suo misterioso Potere fecondante dal Trono su cui siede e al quale aderisce come fosse sia la propria matrice occulta, sia il ventre della Madre Celeste da cui è sorto e da cui continua a suggere nutrimento.

Un’interpretazione plausibile se si pensa che il Faraone personificava in vita Horus, figlio appunto di Iside, e dopo la morte Osiride, cui la Dea aveva ridonato esistenza in un contesto mitico di resurrezione.
Il Trono manifesterebbe così il fermento vitale che proviene da Iside e che come una corrente elettrica investe e fa rinascere il Faraone ogniqualvolta vi si siede nella solenne pienezza della sua regalità.

E ora che anche quest’ultimo velo - il settimo - è stato tolto, ecco la complessità della nostra Dea, straordinaria quanto ancora imperscrutabile, abbagliarci, nuda eppure ancora colma di maschere da scoprire, da indagare e sulle quali riflettere, nella certezza che Iside dai Nomi infiniti e dagli innumerevoli Anni abbia ancora molti, moltissimi veli da svelare.

 

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Articolo

di Selene Ballerini tratto da www.edicolaweb.net


IMMAGINI
NPS PHOTO Statue of Isis, tratta da http://www.nps.gov/heho/photosmultimedia/isis-statue.htm
Opere di Antonio Corradini (Este, Padova, 1668 - Napoli, 1752)
Donna velata (Parigi, Louvre)
La Pudicizia (Napoli, Cappella San Severo)
Sara (Udine, "Altare delle Anime", Chiesa di San Giacomo Apostolo)
Dama velata (Venezia, Ca' Rezzonico - Museo del Settecento Veneziano, Biblioteca)

Note
1. Cibele, qui chiamata così per un suo tempio nella città di Pessinunte.
2. Da Cecrope, il mitico fondatore di Atena, metà uomo metà serpente.
3. Afrodite sarebbe nata nelle acque di Pafo.
4. "L’irretita", epiteto della dea cretese Britomarti, identificata dai Greci con Artemide.
5. Dal fiume Stige, che gira nove volte intorno all’Ade, regno infero di Proserpina.
6. Cioè Demetra.
7. Dea romana della guerra.
8. Lucio Apuleio - "L’asino d’oro", Milano, Garzanti, 2. ed., 1977, p. 59. La descrizione apuleiana fu iconografata nel 1652 da Athanasius Kircher.
9. Anche Osiride aveva la pelle nera.
10. Scrive Plutarco nel suo "Iside e Osiride": "La morte di Osiride corrisponde, secondo il mito egiziano, al 17 del mese, quando cioè il plenilunio si compie e risulta perfettamente visibile. [...] Gli anni della vita di Osiride, o [...] quelli del suo regno, furono 28: tale infatti è il numero delle lunazioni e anche quello delle giornate necessarie perché il ciclo lunare si compia. Il tronco che viene tagliato nel rito detto ‘Sepoltura di Osiride’ serve a costruire un’urna funeraria a forma di falce di luna: questo perché la luna, quando si avvicina al sole, prende l’aspetto di una falce fino a diventare invisibile" (cap. 42). Questa e le prossime citazioni sono tratte dall’edizione: Milano, Adelphi, 1990 (3. ed.).
11. Del resto Iside (il cui nome egizio era Aset) è proprio figlia del Dio-Terra (Geb) e della Dea-Cielo (Nut).
12. Papiro di Berlino 1425, intitolato "I lamenti di Iside e di Nefti". Versi tratti da: "La leggenda di Iside e Osiride nei testi originali", Roma, Tilopa, 1993, p. 63 e 65.
13. Nella protostoria egizia, invece, il mito narrava che Osiride era morto per annegamento e Seth non vi era implicato.
14. Nella primitiva versione dei "Testi delle Piramidi" (VI Dinastia, 2420-2270 a.C.) è la madre Nut a rimettere insieme il corpo di Osiride, che poi Iside e Neftys ritrovano nel fiume.
15. In quanto Divinità connessa alla morte Osiride è costantemente raffigurato sotto forma di mummia. Nella prospettiva naturistica del mito la morte di Osiride corrisponderebbe alla secca del Nilo.
16. "Anche la crescita del livello del Nilo, secondo gli Egiziani, è in rapporto con le lunazioni". Apis è l’"immagine vivente di Osiride e la sua nascita avviene quando dalla luna cade un raggio di luce fecondante e va a colpire una mucca in calore. È per questo che Apis col suo mantello misto di chiaro, grigio e nero somi glia molto ai vari aspetti della luna" (Plutarco, "Iside e Osiride", cap. 42).
17. Dall’unione di Neftys con Osiride nacque Anubis, ma Iside portò via il figlio a Neftys "e lo fece suo. Neftys è ciò che sta sotto la terra ed è invisibile, Iside invece è ciò che sta sopra la terra ed è visibile. Il circolo che tocca questi due estremi, chiamato orizzonte, essendo comune a entrambi prende il nome di Anubis" (Plutarco, "Iside e Osiride", cap. 42).
18. Invece con Anno Sothiaco s’intendeva un ciclo celeste di 1461 anni che iniziava quando il levarsi eliaco della stella avveniva all’Orizzonte Orientale. Sirio, detta "la Nutrice", è la stella più luminosa della costellazione del Cane Maior e il suo nome rivela appunto questa peculiarità: deriva infatti dal greco "seirios", "sfavillante, ardente".
19. Viene rappresentata così anche nello Zodiaco di Dendera.
20. La testa di vacca con cui è rappresentata talvolta Iside viene spiegata nel mito originario con un episodio piuttosto crudo: Horus cerca di violentare la madre, lei allora per punizione gli amputa le mani e le dà in pasto ai coccodrilli, poi il figlio la decapita e la testa di Iside verrà appunto sostituita con quella di una vacca.
21. Vedi a questo proposito Plutarco. "Iside e Osiride", cap. 40: "Anche se non è espressamente ammesso dalla religione egiziana, non si può tuttavia respingere la validità del racconto secondo cui Tifone [Seth] all’inizio aveva il predominio sul regno di Osiride. L’Egitto, infatti, era un mare: per questo nelle miniere e sulle montagne si trovano ancora delle conchiglie. Tutte le sorgenti poi e tutti i pozzi, che sono tanti, hanno ancora acqua amara e salata, come se lì si fosse raccolto un vecchio residuo del mare che c’era prima. Col tempo Horos ebbe la meglio su Tifone, vale a dire che il Nilo, grazie al benefico avvento delle piogge, riuscì a respingere il mare, a mettere allo scoperto la pianura e a riempirla di depositi alluvionali".
22. Ivi.
23. Plutarco. "Iside e Osiride", cap. 77.
24. Ivi, cap. 53.
25. Ivi, cap. 56.
26. Ivi, cap. 42.
27. Ivi, cap. 60.
28. Il sistro era formato da un telaio, in genere rettangolare, al quale erano appese sbarrette - spesso munite di dischetti tintinnanti - e sormontato da un manico. Il suono si otteneva facendo sbattere le sbarrette, e quindi i dischi, sui bordi del telaio.
29. Plutarco, "Iside e Osiride", cap. 63.
30. Frammento 125. Il "ciceone" era una miscela di farina, cacio e vino o miele.
31. Marija Gimbutas, "Il linguaggio della Dea. Mito e culto della Dea Madre nell’Europa neolitica", Milano, Longanesi, 1989, p. 182-183.
32. L’"Avesta" è il testo sacro del Mazdeismo, di cui conserviamo una redazione frammentaria che risale ai secoli II-VII.
33. Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend. "Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo", Milano, Adelphi, 1998, 6. ed., p. 260-261. L’opera di Plinio citata è la "Naturalis historia".

 

 

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Selene Ballerini


Laureata in Lettere, giornalista, saggista, scrittrice, editor, animatrice dell’Associazione Culturale Akkademia PanSophica e della connessa Compagnia teatrale, partecipe di Progetto Elissa per lo studio delle tradizioni sibilline, sceneggiatrice della pièce Crezia su un caso di Stregoneria del XVI secolo, ma soprattutto Magista appassionata, si occupa di tematiche femminili per contribuire a una riformulazione della coscienza individuale e collettiva.
È autrice dei libri Il Corpo della Dea (Atanòr, 2002) - da cui ha tratto con la sua Compagnia uno spettacolo multimediale che debutterà a Bologna sabato 4 marzo 2006 - e I 7 Veli di Iside la Nera (Akkuaria, 2004).

CURRICULUM PROFESSIONALE
Per qualche anno ha gestito in società con le sue co-fondatrici la libreria fiorentina “L’altro libro”, specializzata in cinema, letteratura fantastica ed esoterismo.
Da un ventennio lavora presso la Biblioteca e Centro di Documentazione della letteratura giovanile e infantile “Gianni Rodari” di Campi Bisenzio (Firenze) per conto della società editoriale Idest, che produce il trimestrale LiBeR, periodico leader del settore.


CURRICULUM GIORNALISTICO
Giornalista dal 1987, ha collaborato a numerosi periodici ed è stata responsabile di redazione di DiSegno Comune (mensile dell’Amministrazione di Campi Bisenzio), caporedattrice del bimestrale di cultura esoterica Ars Regia, corrispondente della Nazione e redattrice per l’enciclopedia Fabbri UFO Dossier X . Penna attiva del Giornale dei Misteri dal 1979, scrive per Archeomisteri, Re Nudo ed Hera, trattando prevalentemente di simbologia, antropologia del Sacro, discipline esoteriche, arti divinatorie (con studi specialistici su I Ching) e Sacralità femminile.


PUBBLICAZIONI
Ha partecipato nell’ambito del Progetto culturale Elissa ai seguenti volumi pubblicati dall’Editrice Miriamica di Montemonaco, ciascuno dei quali costituisce gli Atti di un Congresso Internazionale:
Tradizioni e culti pagani di primavera, 1996 (con due contributi: “Diónyso-Bacco, o degli stati alterati di coscienza” e “Oblio e reminiscenze della Dea primordiale”); Sibilla Appenninica. I volti di pietra della Matriarchia, 1997 (“Reticolo dello Spazio” e “Reticolo del Tempo”); Oracoli. Misteri e arti divinatorie tra Oriente e Occidente, 1997 (“I Ching ha fatto l’uovo!”); Le terre della Sibilla Appenninica. Antico crocevia di idee, scienze e cultura, 1999 (“Lo specchio di Venere. La sirena, il lago e le acque palustri”); Errante erotica eretica. L’icona sibillina fra Cecco d’Ascoli e Osvaldo Licini, 2000 (“Sibilla Dea Loci. La Signora delle metamorfosi e i suoi luoghi sacri”); e Sibilla sciamana della montagna e la grotta appenninica, 2001 (“La Sibilla danzante. Connessioni fra il mito sibillino e il labirinto di Arianna”).
È stata conferenziera presso svariate manifestazioni, fra cui Ecoacqua nell’ambito della Fiera di Genova ’95 (con l’intervento “Le acque dell’Isola Beata”) e a quattro edizioni annuali del Simposio mondiale su Scienza, Tradizioni e Dimensioni del Sacro di San Marino, con relazioni che trattavano questioni relative ai culti della Dea (fra cui nel 2001 “Tessiture e suggestioni della tradizione oracolare femminile” e nel 2003 “Streghe di carta”).
Ha inoltre collaborato ai volumi Psicologia e psichiatria nel Terzo Millennio. La prospettiva Next Age (atti dell’omonimo convegno, Istituto Internazionale di Psichiatria e Psicoterapia, 1999) con il saggio “Sincronicità. Le coincidenze magiche nel tempo e nello spazio” e La Magia della sessualità (Atanòr, 2000) con l’ampio studio “Le donne, la vulva e le loro magie”.
È infine autrice sia di poesie che di racconti fantastici, alcuni dei quali sono stati pubblicati su note riviste di fantascienza.


CURRICULUM ARTISTICO
Fra il 1976 e il 1979 ha recitato con varie compagnie d’avanguardia in teatri prestigiosi (Metastasio di Prato) e di periferia, partecipando a numerosi spettacoli, spesso recensiti.
Nel 1988 ha partecipato, sempre come attrice, a due spettacoli tratti dalla tragedia greca: Medea di Euripide e Agamennone di Eschilo, testo e regia di Sonia Prezioso.
Nel 2002 ha scritto la sceneggiatura di Crezia, una pièce teatrale su un caso di Caccia alle Streghe nella Toscana del Cinquecento (interpretata da Ottavia Piccolo, Marco Messeri, Franco Cardini e Rosario Bevacqua su regia di Sonia Prezioso).
Di recente ha fondato la Compagnia PanSophica, con cui sta preparando lo spettacolo multimediale Nelle Spire della Draco (ispirato al suo libro Il Corpo della Dea) che debutterà presso il Teatro San Martino di Bologna sabato 4 marzo 2006.

Tratto da www.akkuaria.com

 

 

 

 

 

 











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