Mari
della Terra e delle Tempeste

di Halia, la Gatta Masciara


Chi ha avuto la fortuna di visitare i Paesi Baschi, in Spagna, avrà notato quanto il paesaggio sia aspro, "selvatico". Indomabile. Fiero come il popolo che ha scelto di viverci. Questa Terra è terra di conflitti. Terra di guerrieri. Terra di confine.

Molti aspetti folkloristici e tradizioni sono rimasti immutati ancora oggi, anche se a volte sono ben mascherati sotto la vernice cristiana. Sono gli stessi che Marija Gimbutas ha studiato, gli stessi che si tramandano sin dal Neolitico.
In questa terra fatta di silenzi e suoni improvvisi, in cui le montagne sembrano voler sfiorare il cielo, in cui il cielo sembra voler rubare spazio alla terra ammantandola di nubi governa una Dea. Da sempre. Del territorio che domina, questa Dea ha molti aspetti. Aspra. Selvaggia. Tenace. Ma anche Madre, amorevole verso chi la ama e la onora.

La chiamano Mari.

Mari è una delle divinità principali del pantheon basco, conosciuta anche come Maya. Riguardo all’origine del nome di questa Dea, penso sia corretto connetterlo a Maire (i costruttori di dolmen) e Maide (i geni delle montagne) o ai Maindi (gli spiriti degli antenati che di notte tornano a visitare i luoghi in cui hanno vissuto ed i loro cari).

Alcuni invece dicono sia nata umana e, rapita da bambina, successivamente deificata.

  Molte sono le leggende a tal proposito, alcune parlano d’una madre cattiva che l’offrì al Demonio, il quale la portò a vivere con sé sulla cima d’una altissima montagna, dove le insegnò il Segreto d’ogni cosa.
Alcuni cacciatori affermano che è possibile incontrare nei boschi una bambina che raccoglie legna, e che quando la si interroga in merito al posto in cui vive indica la cima d’una montagna e… sparisce nella nebbia.
Altre leggende raccontano che sua madre non era cattiva, ma desiderava così ardentemente avere figli da giungere al punto promettere di offrire in sposa al demonio la sua creatura una volta che fosse cresciuta. La madre, pentitasi poi della promessa, vegliava la figlia e, per non farla rapire, la chiuse in una grotta, guardata a vista… ma il demonio riuscì comunque a portarla con sé.

Si ripete un mito molto diffuso, quello del Re degli Inferi, solo successivamente identificato con il diavolo, che rapisce una fanciulla e condivide con lei la Conoscenza.
La si ritrova – con varie sfumature - in vari luoghi, dalla Lituania (Eglè ed il suo Sposo, il Re dei Serpenti) all’antica Grecia (Persephone e Hades). Difficile dire quale sia vero il punto d’origine del mito; più facile pensare che lo schema originario sia stato arricchito con il tempo e minimamente modificato, lasciando intatto il simbolismo connesso.

Qualunque sia l’origine di Mari (umana? divina?), Lei possiede la saggezza ed il discernimento e la sua è una "giustizia giusta" che va OLTRE il significato che noi umani diamo a questo termine.
E’ una Madre severa ed attenta che non lesina il necessario castigo a chi infrange le sue direttive. Ecco perché si dice che applichi "il non negare l’affermazione e non affermare la negazione".

Mari è una Dea Madre selvatica, immagine stessa della natura: imprevedibile, volubile, giocosa, furba, terribile. Può provocare benefici come arrecare gravi danni, proteggere i raccolti come scatenare la tormenta, donare ricchezza o assoluta miseria. Suo sposo è Sugaar, (chiamato anche Maju o Sugoi), che ogni venerdì la visita per pettinarle i capelli con un pettine d’oro.

  Il nome Sugaar e Sugoi hanno derivazioni simili: da suge (serpente) più ar (maschio), ma anche da su (fuoco) + gar (fiamma), suge + o[h]i (antico serpente) o su + goi (fiammata).
Antico Serpente di Fuoco.
Cioè Drago.
Drago che crea con il suo respiro il Fuoco del Cielo, ma è Mari che lo dirige, precisa, puntuale, metodica ma inattesa…
A lui ed ai figli avuti da Mari sono state attribuite le responsabilità delle tempeste.
A proposito dei figli di Mari… la maggior parte delle leggende afferma che siano due, uno buono ed uno cattivo, altre dicono che i figli siano sette, altre che abbia una sola figlia, altre dicono due…
Su di lei invece tutti concordano che non disdegni d’accompagnarsi ad esseri umani. Anzi. Che il suo vero amato sia un mortale.

Una leggenda narra che Mari fosse la moglie del Signore di Biscaglia Diego Lòpez de Haro e che Lei avesse chiesto al marito, di fede cristiana, di professare la sua fede esclusivamente al di fuori dalla casa coniugale; lui però, nell’accorgersi che la moglie aveva una gamba di capro, non era riuscito a evitare di farsi il segno della croce.
Mari allora prese in braccio la loro figlia e si lanciò nel vuoto attraverso al finestra, scomparendo per sempre.
Il che ricorda un po’ la saga di Melusina, la mitica fata-sirena protagonista di molte leggende medievali che si dice diede origine alla famiglia dei Lusignano, per cui molto probabilmente la leggenda è un modo per ricordare l’ascesa (e la successiva caduta) della dinastia di Biscaglia.

La parola Mari significa "Signora" o "Dama" e spesso il nome diventa appellativo (bisogna distinguere Mari da "la Mari", con l’articolo) a cui si aggiunge il nome del luogo in cui vive, così abbiamo "Txindokiko Mari" (Signora di Xindoqui) ma anche Andre Mari Munoko (Eccelsa Signora di Muno), Mari Labako (Signora del Forno) Marije Kobako (Signora della Caverna) [n.d.a.: bella l’assonanza labako <-> kobako, caverna <-> forno…], Arpeko Saindua (Santa della Grotta)…e tanti, tanti altri.
È significativo il fatto che oggi, nei paesi Baschi la Vergine Maria viene chiamata Andra Mari. E’ solo una coincidenza o non piuttosto un modo per perpetuare il ricordo degli antichi culti?
Certo l’idea sincretica è molto affascinante, ma non bisogna dimenticare che Mari considera un’offesa usare elementi cristiani nei suoi dominii e, d’altra parte, il cristianesimo la considera alla stessa stregua dei demoni che governa. [nota di Maria Giusi: in Sardegna la Signora di una casa, di un podere, ecc. si chiama Meri… sa Meri de sa domu = la padrona di casa].

  Mari è la Terra. Solida, forte, fertile, ma anche roccia dura da scalare.
E’ tempesta imprevedibile di ghiaccio e vento, forza distruttrice che spazza via raccolti e certezze.

E’ la Donna che sa essere autorevole, ma che conosce il gusto del gioco, ecco perché agli occhi degli uomini può diventare Gaiztoa, la malvagia.
Mari fa ciò che è necessario. Ciò che è giusto. Non necessariamente ciò che è bene, nel senso che comunemente si dà a questo termine.

Chi può dire qual è la forma di una Dea? E’ una donna, bellissima, vestita di rosso. E’ una Nuvola Bianca, una Signora coronata di Luna, a volte cavalca un montone o è avvolta da fiamme. E’ lei stessa Fiamma. Ha piedi di uccello. O forse di capra. E’ un corvo, o meglio un avvoltoio. Ma può essere un albero, antropomorfo, che emana fiamme. E’ una raffica di vento. O l’arcobaleno. O semplicemente un globo di fuoco che attraversa il cielo stellato. Di solito è considerata uno spirito femminile, ma a volte assume caratteri androgini o esclusivamente maschili. Come se gli spiriti che governa e lei stessa non fossero che uno, indissolubile.

Stupisce che si dica "Mari è la Signora di tutte le streghe e lei stessa è strega" (Julio Caro Baroja)? E alcuni infatti la chiamano Aketegiko Sorgiñe (Strega di Aketegi) o Anbotoko Sorgiña (Strega di Anboto). E le sorginak (streghe) sono le sue assistenti, le stesse che partecipano settimanalmente all’akelarre (il sabbah).

Mari diventa animale quando si nasconde nella sua dimora sotterranea, mutevole come le nuvole e della stessa sostanza del vento quando è in superficie.

Mutevole come una nuvola anche per la scelta del luogo in cui vivere: Mari si sposta da una dimora all’altra: ogni sei anni torna nella grotta di Xegama, in cui si ferma per tre anni.
Poi si sposta tra Txindoki e Anboto, senza fermarsi troppo a lungo in un luogo piuttosto che nell’altro.
Se la Dea si trova in un luogo o in un altro è facilmente intuibile: quando è Txindoki, le nuvole ricoprono abbondantemente le cime della montagna, e i raccolti sono abbondanti per almeno tre anni. Quando è ad Aketegi, dalla cima della montagna proviene un gradevole aroma di pane fresco, appena sfornato…

Qualcuno pensa che la mutevole Mari non sia una, ma tante diverse Dee, che racchiuda in sé tutte le caratteristiche che nel tempo sono state e sono della Dea.

Di certo, chi vuole incontrarla fa bene a frequentare le caverne e i precipizi della regione basca. Là dove Lei vive abbondano oro e pietre preziose, ma attenzione… l'oro diviene carbone se portato nel mondo "normale" così come ciò che viene rubato dalla Sua Sacra casa si trasforma in legno imputridito e il colpevole viene perseguitato fino alla morte. Mai negare di possedere qualcosa se Mari (o uno dei suoi spiriti) lo desidera…perché quella cosa sarà perduta in ogni caso.

Mari è una Dea filatrice al pari di tante altre Dee Madri. Non si limita a tessere ed intrecciare il destino degli uomini, lo crea dal nulla. Ma di certo è la sua capacità di portare pioggia, tempeste, vento e grandine ciò che lascia sconcertati: ogni fenomeno atmosferico viene "lanciato" da un luogo geografico preciso e ben identificabile.

Come ogni Madre, Mari ama chi ha cieca fiducia in Lei, anche quando i suoi disegni possono apparire di difficile comprensione.
I viaggiatori che le si affidano completamente possono essere certi che il viaggio sarà breve e privo di insidie. E coloro che invocheranno per tre volte di seguito Aketegiko Damea (Signora di Aketegi) possono essere certi che la Sua benedizione scenderà su di loro. A chi si rivolge a Lei con umiltà chiedendo consiglio, di certo giungerà una risposta. E chi si è smarrito potrà di certo, con il suo aiuto, trovare la strada.

 
Non ho trovato riferimenti a particolari offerte a Lei gradite, mentre sembra fosse normale offrire cibo agli spiriti "minori" da Lei governati come le laminak, spiriti di natura simili alle ninfe greco-romane, dai piedi d’uccello.

I primi dentini da latte le appartengono. Quando cadono, bisogna gettarli nel fuoco dicendo: "Andre Mari, otzon ortz zarra t’ekatzan berrie" (Signora Mari, ti restituisco il dente vecchio, dammi il nuovo).

Chi voglia onorare Mari le si deve rivolgere dandole del tu. Con familiarità.
E’ una Madre. Ma anche una Dea, quindi non ci si può sedere alla Sua presenza e – nel caso si sia stati invitati ad entrare in una delle sue dimore si deve aver cura di uscirne nello stesso modo in cui si è entrati, così se ad esempio chi è entrato guardando verso l’interno deve uscire camminando all’indietro, analogamente al corretto comportamento da tenere – nella tradizione dei paesi baschi - al cospetto di uno spettro: mai voltargli la schiena.

Chi osa avventurarsi nei luoghi a lei dedicati senza il suo benestare viene punito in modo che non si può dimenticare, affinché non solo il colpevole ma anche chi gli è vicino possa imparare la lezione.

Come dispensatrice di giustizia, non tollera la menzogna, il furto, l’orgoglio, la millanteria, il venir meno alla parola data e la mancanza di rispetto sia verso le persone che verso le cose. E può distruggere ogni cosa con la grandine o una tempesta improvvisa.

Eppure qualcuno afferma di essere capace di deviare il castigo di Mari dirigendo la tempesta altrove.
La tradizione delle Tempestarie è comune anche in Italia. Diversi i modi di operare: in alcune province si dice che il giusquiamo (velenosissimo) raccolto con il mignolo e legato al piede dava alla vergine che l’avesse raccolto, di notte, la possibilità di far piovere a dirotto o meno là dove avesse voluto. In puro stile Tregenda, la vergine in questione doveva essere accompagnata da altre streghe, tutte con dei rami di giusquiamo in mano. Altri dicono che la donna che voglia far piovere in un particolare luogo deve urinare nel campo pronunciando formule ben precise.
Sto ancora cercando conferme su riferimenti specifici per la tradizione basca, sarebbe interessante porli a confronto. Ho letto in un paio di siti che nei Paesi Baschi si usa il romice crespo, traducendo con questo termine le parole utzai-bedar. Ma in un dizionario ho visto che uztai-bedar, uzta-bedar (Bizkaia), uztaba (Gipuzkoa), uzta-belar (Aquitania o Aragona?) vengono usati ANCHE per indicare il primo raccolto di grano, per cui non posso avallare un’ipotesi rispetto all’altra.


Usare i Doni di Mari: l'energia del Vento-Soffio-Respiro

  Non è una Dea "facile", Mari. O forse non è stato facile per me cercare di avvicinarla, di Com-Prendere (nel senso di prendere "in" me e "con" me).

Mari vive in grotte inaccessibili o sulle cime delle montagne è un simbolo (deificato) del potere (ri)generativo del femminile. La Grotta come utero, mondo a parte, mondo nel mondo in cui immergersi, sprofondare, lasciarsi andare per recuperare le energie perdute. La Montagna, fatta di pietra e roccia è innalzamento, proiezione.
E Mari, mutevole come la Luna e come il Fuoco, Mari dalla veste rossa lancia la Tempesta proprio dalla cima delle montagne.

Quando l’ho incontrata ero in un periodo in cui avevo un profondo bisogno di "vederci chiaro" e desideravo che - dopo un lunghissimo periodo "no" - accadesse finalmente ciò che fosse "bene", "giusto" per me.

Diciamolo... in realtà volevo che tutto cambiasse in un soffio.
Chi non lo desidera?

Questa Dea "filatrice" che ha tra i suoi attributi la Falce, la Terra, la Tempesta, il colore rosso, la Luna, legata al Venerdì (che per i Baschi era il giorno della Luna) non ha "scelto" per me. Non ha schioccato le dita e detto: Ok: ecco quello che vuoi...
Ha agito da Madre, mostrandomi alcune vie possibili, anche se in un linguaggio (quello dei Sogni) non certo di immediata comprensione.

Il vento, mormoratore per eccellenza, era diventato una costante, nei sogni e nel quotidiano. Vento continuo, forte. A volte freddo come il ghiaccio a volte gentile.
Ciò che continua a ripetersi indica che - se non si impara la lezione - non si può andare avanti.
Perché non avevo notato prima questo ripetersi?

In quel turbine continuo di Vento ho capito che mi stavo lasciando trasportare, senza nemmeno provare a cambiare le cose. Senza nemmeno guardarle in faccia.
Il Respiro - atto dal profondo significato magico - era diventato un "lasciarsi attraversare" passivo, meccanico. In breve, ho realizzato che un conto è desiderare il cambiamento, altro è realizzarlo.

Io, pur desiderando che le cose cambiassero, in realtà non mi impegnavo per nulla, aspettando che tutto mi cadesse dall'alto, o quasi. Ero sfiduciata, priva di energia e di desideri. E questa era la cosa più grave. Priva di desideri, della spinta emotiva che fa girare il mondo. Avevo notato che - da sempre - l'Aria era per me l'Elemento più sfuggente, quello che non riuscivo ad AFFERRARE. E qui la folgorazione. Afferrare. L'Aria non si afferra. Non si trattiene. Però è ciò che dà forma alle cose. È uno scambio continuo. Inspirare. Pausa. Espirare. Pausa.

Dovevo cambiare. La pausa durava da troppo. E per troppo tempo avevo soltanto "inspirato", trattenuto in me.

Sembra una stupidaggine, ma è stato proprio usare - di nuovo e dopo tanto tempo - una respirazione "circolare" - mi ha aiutato a smaltire la tensione. Ho ripreso a scrivere, cosa che non facevo quasi più. Buffo, a volte riesco anche a "sbottare".
A dire "no, questa cosa non mi va", mentre prima, per evitare di ferire gli altri, troppe volte mi facevo carico di cose che detestavo

 
Il Vento-Soffio diventa il VETTORE attraverso cui prendere coscienza che l'energia si muove in modo CIRCOLARE. Nulla ci appartiene, ma di ogni cosa possiamo godere appieno. Si può provare ad usare l'energia propria del Vento-Soffio-Respiro in maniera consapevole, seguendo un ritmo "naturale" (nel senso di "spontaneo", non forzato).

Di Venerdì, il giorno che per i Baschi è legato a Mari ed alla Luna, scegliamo un luogo "chiuso" in cui poterci sentire protette, accolte. Buio. Silenzioso. Ritiriamoci in noi stesse seguendo il ritmo del respiro.
Lentamente. Inspirare. Pausa. Espirare. Pausa. E ancora, senza altro strumento che noi stesse, "ritiriamoci" nel nostro angolo più Sacro, fonte della Vita, nel centro del Grembo.

Non importa se siamo già state madri o se mai lo saremo, stiamo accogliendo la nostra stessa Anima. Dobbiamo sentirci Madri di noi stesse, al di là delle facili e scontate metafore che vede nel femminile solo ciò che dà la vita. Nel Grembo, nel silenzio, prendiamo tempo per capire di COSA abbiamo DAVVERO bisogno. E se non ci riusciamo, chiediamo alla Madre di aiutarci a COMprendere (IN noi, attraverso di noi) cosa fare. E non stupiamoci se i biSogni (si, con la S maiuscola) cambiano di volta in volta. Siamo anche noi mutevoli come il Fuoco, animate dalla stessa energia, di che dobbiamo vergognarci?

(Oh, qualcuno prova a spegnerci, a chiuderci sotto mantelli "protettivi" perchè - uguali a fantasmi - non ci si veda, tanta è la paura di confrontarsi, ma l'energia delle Donne va oltre. Oltre il mostrarsi. Oltre le convenzioni. Si sente, si percepisce. Nelle risate. Nelle Voci che il Vento porta. Qualcuno prova a zittirle queste voci. Voci di donne. Dimenticando che deve ad una donna l'onore e l'onere di essere al mondo. La memoria degli uomini è cosa così labile...)

Non stupiamoci se scopriamo che la cosa di cui abbiamo bisogno non è quella che desideriamo. Di solito le cose non coincidono quasi mai. Ciò che per noi è "giusto", è "buono" è spesso una lezione, di quelle che non si dimenticano, che a volte lascia uno strano sapore amaro... ma che ci libera della vecchia pelle con la forza di un guanto di crine sotto la doccia.

Dopo una scoperta del genere, l'esigenza, prepotente e irresistibile è quella di uscire dalla Grotta (metaforica) in cui spesso ci rinchiudiamo (per non vedere, non sentire, per comparire, ci viene radicato di dover avere paura, di temere qualsiasi cosa, la gente, il lupo cattivo... ma noi siamo più forti, la Vita è più forte d'ogni cosa) per andare OLTRE sempre con il respiro-soffio a darci il ritmo. Inspirare. Pausa. Espirare. Pausa. Del resto, uscire dal Grembo è il modo per venire al mondo. Al Tempo giusto, ovviamente. Il che non significa adesso e nemmeno tra un minuto. Ognuno ha il suo ritmo, personalissimo ed unico. Ma alla fine succede.

Siamo fuori dal Grembo. Vive e Vitali.

Un po' scosse, forse, ma ci siamo. Spaventate, probabilmente. È tutto nuovo... quindi perché non esplorare? Andiamo oltre. Impariamo a camminare. Da sole. Un passo alla volta. Seguendo sentieri che sono noti solo a noi stesse, verso la cima della Montagna. A fatica, non è che le cose si imparano in un battere di ciglia. Arrampicandoci, se necessario. Con le unghie ed i denti, se serve. Siamo al mondo per essere del mondo. Per essere IL mondo. Di che abbiamo paura?

Una volta giunte in cima, chiudiamo gli occhi. Un attimo, uno solo.

Riapriamo gli occhi. C'è ancora silenzio sulla cima di una montagna, un silenzio diverso da quello della grotta, ma mai ostile.

Guardiamoci intorno.

Dall'alto, tutto sembra diverso, più... "distante"; cambiare la prospettiva aiuta a guardare le cose sotto una nuova luce.
Se serve, potremmo SOFFIARE sui problemi per spazzarli via. Ne siamo capaci. Ne abbiamo la forza. Ma non li risolveremmo e tornerebbero.

Usiamo un'altra strada.

Seguiamo la lezione del Respiro-soffio. "Inspirariamoli" i problemi, capiremo che sono opportunità. Pausa. Accogliamoli, in un certo senso. Appropriamocene. Esaminiamoli. Affrontiamoli. E poi lasciamoli andare, cosa per cui ci vuole tutto il coraggio di cui disponiamo. Espiriamoli, rielaborati, finalmente risolti. Pausa. E poi... un bel sospiro di sollievo.

E se non è un vento di tempesta questo...

Ah. Non finisce tutto così, in un soffio, sarebbe TROPPO facile.

Potrebbe ricominciare.
Più duro che mai.
Potremmo cadere dalla montagna, ritrovarci nel grembo, o ancora più in fondo, ossa rotte o peggio.

Ma se la Terra rifiorisce ad ogni Primavera... perchè non dobbiamo farlo noi? A modo nostro. Errando. Andando. Danzando. Ridendo. Sbagliando. Piangendo. Gridando. Chi conosce il Silenzio non ne ha paura. Abbiamo tutto il tempo che ci serve.

Noi Donne siamo forti. Siamo la Terra.

 

 

© 2007 Testo e ricerca di Halia, la Gatta Masciara

Gentilmente concesso a www.ilcalderonemagico.it
Qualsiasi riproduzione, senza esplicito consenso dell'autrice, è vietata.


Se ti piacciono le curiose corrispondenze leggi anche la pagina Dedicato alla Terra "Le Mari - La Madre"

L'AUTRICE

Patrizia Schettini Natrella alias "Halia, la Gatta Masciara" è pugliese DOC, nata a Bari, dove lavora, si interessa di mitologia e ama esplorare usi e tradizioni locali (magiche e non, con particolare attenzione all'Incanto), che considera patrimonio di ogni popolo al pari della storia.
 
È fondatrice della mailing-list Sottoilnoce.




Fonti on line

"Paganism in provence: How the Mother-Goddess became the Mother of God"
in Journal of the Western Mystery Tradition n. 6 - Vernal Equinox 2004.
www.jwmt.org/v1n6/provence.html

"Tenacity in religion, myth & folklore: the neolitic Goddess of Old Europe preserved in a non-Indo-European setting"
di Michael Everson in "Journal of Indoeuropean Studies vol. 17 numbers 3 & 4 fall/winter 1989", pagg. 277-295
http://www.evertype.com/misc/basque-jies/basque-jies.html

wikipedia:
http://es.wikipedia.org/wiki/Mari_%28numen_vasca%29
http://es.wikipedia.org/wiki/Sorgina


"Mari, la diosa vasca":
http://www.geocities.com/SoHo/5784/Mari.html

Mari:
http://galeon.hispavista.com/aherbelste/Mari.html#MARI

"Will the "Great Goddess" Resurface?: Reflections in Neolithic Europe"
http://uts.cc.utexas.edu/~gloria/Goddess.html

Mari:
www.pantheon.org/articles/m/mari.html


Fonti cartacee

Josè Miguel de Barandiaràn: “Obras completas”;
Vol 1° - "Diccionario illustrado de la mitologìa vasca y algunas de sus fuentes"
vol. 2° - "Eusko-folklore"

Julio Caro Baroja:
“Le streghe e il loro mondo”, Parma, Editore Pratiche, collana Nuovi Saggi, 1994


IMmagini trattE da

http://www.ilmondodielena.it/wicca/dianicaintroduzione.htm

http://www.geocities.com/SoHo/5784/Mari.html
http://deihadarrak.blogcindario.com/2005/04/00041-tiempos-de-akelarre.html
http://galeon.hispavista.com/aherbelste/Mari.html#MARI
http://lamin.sare.fr/mari.shtml


 












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